3D, modellazione, proiezione: tutte le tecnologie di AVATAR

Introduzione

Era il 1995 quando James Cameron pensò di produrre un film basato sulla storia d’amore tra un ussere umano e un’aliena. Per renderla credibile, però, sarebbe stato necessario ricostruire da zero, e virtualmente, un intero mondo e farlo vivere in prima persona agli spettatori. Un progetto faraonico per i tempi dal punto di vista economico e impossibile da quello tecnologico. Cameron voleva il 3D, effetti speciali allo stato dell’arte e la possibilità di ricreare virtualmente una razza inesistente nella realtà.

Cameron veniva già da diversi successi, come i due Terminator, Aliens, Abyss, True Lies. Era nel 1995 uno dei registi sulla cresta dell’onda, anche se era considerato principalmente come un regista da film d’azione. Per quel film sulla storia d’amore tra umano e aliena aveva bisogno di un finanziamento imponente, oltre che dell’infrastruttura tecnologica: insomma, i tempi non erano abbastanza maturi. Decide quindi di concentrarsi su un’altra grossa produzione, più facile per certi versi, che avrebbe dato sfogo alla sua passione per le riprese subacquee.

Titanic usciì nel 1997 e fu il secondo film a vincere 11 premi Oscar (il primo fu Ben Hur). Per produrlo sono serviti 200 milioni di dollari, ma il film ha incassato oltre 1,8 miliardi di dollari in tutto il mondo. Un simile successo apriva le porte al sogno di Cameron, sul quale riprese dunque a lavorare.

Per raggiungere quel sogno, però, Cameron ha dovuto letteralmente inventare un complesso di tecnologie, oltre che spingere le sale cinematografiche di tutto il mondo a riattrezzarsi per consentire agli spettatori di fruire dell’esperienza in 3D e in prima persona. Avatar, dunque, è una produzione che non ha precedenti sul piano tecnologico, oltre che dal punto di vista di marketing visto che ha coinvolto attivamente e gli esercenti cinematografici, che hanno dovuto riadattare le sale, e gli spettatori, “portati” a vivere lo spettacolo in prima persona.

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