Introduzione
Nel 1851 il redattore scacchistico della rivista “Illustrated London News” Howard Staunton decise di organizzare un grande torneo di scacchi durante la prima Esposizione Universale tenutasi quell’anno a Londra, nel Crystal Palace costruito per l’occasione ad Hyde Park.
Si trattò del primo torneo internazionale di scacchi della storia, e vide scontrarsi i sedici migliori scacchisti d’Europa. A vincere il torneo fu Adolf Anderssen, il quale giocò contro Kieseritzky una partita che rimase nella storia con il nome de “L’immortale”.
Il torneo ebbe un grande successo, gli scacchi fecero breccia nel grande pubblico e iniziarono a diventare molto popolari. Progressivamente, oltrepassando le barriere mondane in cui sino a quel momento era confinato, si diffuse tra le folle sempre più numerose di appassionati, tanto che lo scrittore George Walker ebbe a dire: “Cos’è successo agli scacchi? Il gioco dei filosofi, la sfida tra intelligenze, il passatempo dei pensatori solitari, è ora praticato tra boati e ruggiti.”
Dopo 1500 anni di storia ininterrotta, passando per le corti più importanti dell’Europa e dell’Asia, diventando il principale passatempo di personaggi come Napoleone, Abramo Lincoln, Montezuma, Eduardo I, Voltaire, Karl Marx, Che Guevara e Papa Leone XIII, il gioco degli scacchi ha raggiunto ogni angolo del Mondo, e oggi grazie ad Internet, milioni di persone si sfidano da ogni angolo del pianeta.
Sotto questo aspetto gli scacchi riflettono il progresso sociale e industriale: idee e culture entrano in collisione, si mescolano e progrediscono.
Questo libro vuole ripercorrere la storia dei pezzi, dell’influenza che hanno avuto e che hanno subito, almeno nella forma, ma mai nella sostanza.
Da sinistra a destra: Löwenthal, de Rivière, Wyvill, Falkbeer, Staunton, Lyttelton and Kennedy
The Illustrated London News, 14 Luglio 1855
Gli Scacchi di Lewis
Nel 1831 un mercante scozzese di cui poco si sa, decise di mettere in mostra ad Edimburgo la sua collezione di scacchi, rinvenuti a suo dire sull’isola di Lewis, in Scozia, sepolti due metri sotto la sabbia.
Si trattava di 4 scacchiere e 93 pedine alte circa 10.2 cm, scolpite in zanna di tricheco e dente di balena. Il loro stile gotico medievale gli conferiva un’aura antica e perfino mitica.
Secondo gli esperti si tratta di arte scandinava, della metà del XII secolo. I probabili autori furono artisti Islandesi che studiarono in Norvegia la tecnica per l’intaglio. Data la grande quantità di avorio di tricheco necessario per la realizzazione dei pezzi, è probabile che la produzione fosse avvenuta in Islanda e non in Norvegia, data la vicinanza con la Groenlandia, dove vi era grande quantità di trichechi.
Alcuni di questi pezzi sono macchiati di rosso, indizio del fatto che i pezzi fossero o bianchi o rossi, non bianchi e neri. Il British Museum possiede 82 pezzi, mentre il National Museum of Scotland di Edimburgo possiede gli altri 11.
Da notare il pezzo dell’alfiere regge il Pastorale nella mano sinistra e il segno delle tre dita nella destra, a simboleggiare la Divina Trinità. Nei paesi anglofoni infatti l’alfiere viene chiamato Bishop (vescovo); in realtà la vera origine dell’alfiere deriva da “al-fil”, che in lingua arabo-persiana indicava l’elefante, animale che raffigurava quel pezzo nei paesi mediorientali.
Scacchi di ceramica Wedgwood
Questo set di scacchi fu disegnato da John Flaxman nel 1783 per Joshiah Wedgwood. Si tratta del primo set di scacchi realizzato in ceramica e i personaggi raffigurati sono ispirati all’opera teatrale Macbeth di Shakespeare, riproponendo i vari personaggi del dramma Shakespeariano. Inoltre, sembra che la Regina fu realizzata con le sembianze di Sarah Siddons, celebre attrice dell’epoca che si ritirò dalle scene proprio dopo una rappresentazione del Macbeth.
Flaxman, da grande scultore, dimostrò di poter lavorare ottimamente anche su oggetti di piccola dimensione, l’altezza della pedina del Re infatti è di appena 10 cm.
Il loro design è chiaramente ispirato al Gotico del XVIII secolo, che raramente si è visto in ceramica. I vari set furono realizzati in colore blu, bianco e verde, con le rifiniture dorate e la base color lilla e nel periodo tra il 1785 e il 1795 furono vendute circa 130 scacchiere complete.
Nel 1926 furono recuperati gli stampi originali e dopo il restauro vennero riutilizzati per riprodurre i pezzi realizzati da Flaxman.
John Calvert
I primi veri elementi di design provengono dagli scacchi di John Calvert, Maestro della Venerabile Confraternita di Turner, a Londra. Si specializzò nella realizzazione di scacchi in avorio per le classi più ricche e per l’aristocrazia, e in ebano, o legno di bosso per i circoli scacchistici e per i Cafè.
La particolarità dei suoi scacchi era la presenza di un piedistallo identico per tutte le pedine, comprese le torri. Inoltre, essendo realizzati prevalentemente con legni leggeri e avendo una forma alquanto sottile e slanciata, erano molto inclini a rovesciarsi sulla scacchiera anche se leggermente urtati. Per ovviare a questo problema, i pezzi venivano tutti pesati e zavorrati con un perno di ferro interno, a seconda delle richieste del cliente.
Ai giorni nostri, la questione del peso dei pezzi è maggiormente una caratteristica per i “puristi” degli scacchi, infatti le riproduzioni degli scacchi di Calvert vengono vendute a seconda del peso, che può essere: Doppio, Triplo, ecc . L’attività iniziò nel 1791 e proseguì con successo fino al 1822, anno della sua morte; dopodiché i diritti e la gestione dell’azienda passarono in mano a sua moglie Dorothy e la Calvert produsse scacchi fino al 1840.
Oggi gli scacchi Calvert sono dei pezzi da collezione e sono venduti ancora oggi in legno, cera o finto avorio, a prezzi ovviamente esorbitanti.
Gli scacchi di San Giorgio
Disegnati originariamente da John Calvert, erano chiamati così per il nome del Club londinese in cui venivano maggiormente utilizzati. La forma degli scacchi di San Giorgio rimase la stessa fino al 1850, quando furono poi totalmente sostituiti dagli scacchi di Staunton.
Questi pezzi erano molto popolari in Inghilterra, poichè si trovavano a buon mercato e di facile realizzazione. Venivano prodotti principalmente in Francia, dove però non ebbero lo stesso successo. Il difetto principale di questo set era la difficoltà di identificare visivamente i vari pezzi, poiché erano tutti caratterizzati da forme molto simili tra di loro: la testa del cavallo era l’unico elemento distintivo.
Da notare che proprio i pezzi dei cavalli presentavano dei piccoli segni distintivi che indicavano quale dovesse andare sul lato del re, il cosiddetto “cavallo di re”.
Gli scacchi di San giorno sono rimasti in commercio fino al 1940.
Scacchi Barleycorn
Un altro set molto popolare in Gran Bretagna in epoca Vittoriana era il cosiddetto “Barleycorn Set”. Questi pezzi furono prodotti negli anni 1820-1845, ed erano realizzati in ossa con colori naturali o tinti di rosso. Le Torri erano solitamente sovrastate da una bandierina (o una sfera, in altre varianti) e pezzi Reali presentavano elaborati intagli decorativi come spighe di grano, foglie di acanto e foglie d’orzo. Di questo set furono realizzate più di 10 varianti diverse.
Gli scacchi Staunton
Questo importantissimo set prende il nome di Howard Staunton, Gran Maestro di Scacchi, considerato uno dei più forti giocatori dell’Ottocento e organizzatore del Primo Torneo Internazionale di Scacchi della storia.
Il progettista originario fu Nathaniel Cook, all’epoca direttore dell’ “Illustrated London News“, nel quale Staunton gestiva la rubrica di scacchi, e proprio Cook gli chiese se potesse intitolargli il nome di questo set.
Il fatto che il direttore di uno dei più importanti giornali di Londra progetti degli scacchi e li chiami come il redattore della rubrica di scacchi di tale giornale, considerando anche il titolo di Gran Maestro, è già di per se una grandissima trovata commerciale destinata sicuramente al successo.
Il motivo del trionfo assoluto degli scacchi Staunton su tutte le scacchiere del Mondo però era dovuto principalmente alla semplicità del design e all’essenzialità delle forme. Inoltre vennero utilizzati nel Primo Torneo Internazionale.
I primi 500 set furono tutti firmati e numerati da Sir Staunton in persona, e immessi sul mercato nel 1849 dalla Jacques of London, nota casa produttrice di giochi fondata nel 1795 (e attiva ancora oggi). Dal 1849 ad oggi, dopo oltre un secolo e mezzo, gli scacchi Staunton vengono utilizzati in tutto il mondo e sono anche i più utilizzati in nelle competizioni ufficiali.
Questo è un estratto dell’ “Illustrated London News” dell’8 settembre 1849, scritto proprio da Staunton:
“Un modello di scacchi che combinano eleganza e solidità [..]. Il principio guida è stato quello di dare forma ai pezzi in base al loro significato; così il Re è rappresentato da una corona con la croce, la Regina da un diadema, eccetera. I pezzi sono modellati per essere comodi da maneggiare[..].”
I set di ebano e legno di bosso venivano equilibrati con il piombo per offrire maggiore stabilità e la base inferiore di ogni pezzo era coperta da feltro, così da non graffiare il tavolo da gioco. Ciò dava ai giocatori l’illusione che i pezzi “galleggiassero” sulla scacchiera.
Da notare anche che i pezzi che raffigurano personaggi “umani” sono sormontati da una piccola sfera e un collare a forma di disco che separa la testa dal resto del pezzo.
Nel 1924, la FIDE (Fédération internationale des échecs – Federazione Internazionale di Scacchi) raccomandò di utilizzare durante i tornei ufficiali solo gli scacchi modello Staunton.
Gli Scacchi di Josef Hartwig
Questo set con linee essenziali è tipico dello stile Bauhaus. Furono progettati da Josef Hartwig nel 1923, che semplificò drasticamente la forma fino a ridurla a simboli che rappresentano il movimento dei pezzi sulla scacchiera. Possiamo quindi vedere la Torre a forma di cubo, i cui quattro lati che rappresentano i suoi versi di movimento, il Cavallo presenta delle forme sovrapposte ad “elle”, l’ Alfiere a forma di croce per i suoi movimenti sulle diagonali, e così via.
Questo set è prodotto dall’azienda svizzera Naef, su licenza del Bauhaus di Berlino.
Nel 2006 il desinger Stuart McFarlane ne ripropone una variante in alluminio, con le forme stilizzate sul modello di Hartwing.
Gli Scacchi di Man Ray
Nel 1926, l’artista Man Ray creò un set di scacchi dalle forme geometriche astratte e minimali, riprendendo in parte la scultura classica Cubista. Il set fu realizzato in vari materiali: ottone, argento, legno, alluminio.
Nella sua carriera di artista poliedrico (pittore, produttore di film sperimentali, fabbricante di oggetti) Man Ray ebbe sempre un fascino particolari verso gli scacchi, tanto da influenzare la sua arte proponendo varie composizioni di griglie quadrate. Dichiarò che: “Gli scacchi ti aiutano a comprendere la struttura, per padroneggiare un senso di ordine. Quando gli antichi maestri dipingevano, usavano sempre dei quadrati regolari per dividere la superficie”.
Con gli scacchi che realizzò, Ray decise di aprire una piccola industria, e produsse i primi 36 set in alluminio, tutti numerati e firmati sulla base del Re bianco.
Man Ray condivideva questa passione con un altro artista suo contemporaneo, Marcel Duchamp. Quest’ultimo però diradò progressivamente la produzione artistica per dedicarsi solo ed esclusivamente al gioco degli scacchi. I due collaborano ad un film sperimentale dal titolo ” Entr’acte “, nel quale giocano una partita a scacchi.
Gli Scacchi di propaganda
Nei primi anni del Novecento, l’Europa ospitava il regime Sovietico, Nazista e Fascista. In questo periodo gli scacchi furono un importante elemento di propaganda.
Unione Sovietica
Nell’Unione Sovietica ebbe grande successo un set di scacchi che vedeva “Capitalisti contro Comunisti”: il Re Capitalista era raffigurato con una testa di morto, la Regina sversava oro da una cornucopia, gli Alfieri erano i gerarchi del vecchio regime Russo. Dei lavoratori incatenati erano, infine, i Pedoni.
Gli avversari comunisti avevano invece un Re operaio con un martello in mano, una donna con un fascio di grano era la Regina e gli Alfieri rappresentavano i soldati sovietici. I Pedoni invece erano felici contadini.
In entrambe le fazioni, le Torri erano rappresentate da barche: quelle comuniste erano decorate con falce e martello, quelle capitaliste con catene e un ascia. In alcune varianti ci sono le incudini al posto dei Pedoni, e fabbri e mietitori al posto di Cavallo e Alfiere.
Essendo un simbolo di propaganda comunista, è curioso notare che uno di questi set originali è conservato nel Museo Maryhill Art di Washington.
Germania
Nel 1934, i nazisti invece progettarono un set di scacchi denominato “DeutscheBundesform” (Stile della Federazione Tedesca). Voleva essere il set da utilizzare in tutte le attività scacchistiche naziste per i successivimille anni.
Furono progettati da Ehrhardt Pos, caporedattore della rivista di scacchi “Schachblatter Deutsche” e pensati per essere semplici ed economici come quelli di Staunton. Divennero il set da gioco ufficiale per tutti gli eventi scacchistici tedeschi anche dopo la fine della guerra, ed è rimasto in produzione fino al 1990.
Italia
Durante il ventennio fascista italiano, dove predominava l’idea dell’autarchia, dell’autosufficienza e il mito della Nazione, non potevano mancare degli scacchi tipicente “Italiani”.
Nel 1935 infatti apparve un articolo sul periodico “L’Italia scacchistica” intitolato “Scacchi Italiani per gli scacchisti Italiani”. L’autore, il dott. Guido Angelo Salvetti, disegnò un set denominato “Italia”, che doveva essere per giocatori italiani, prodotto in Italia, poco costoso e diverso dagli scacchi inglesi o francesi.
Riferendosi ai giochi in uso nella nostra nazione, dapprima i Régence e poi gli Staunton, il Commissario del Circolo Scacchistico Fiorentino Salvetti asserisce – cito integralmente le sue parole – che: “Tali pezzi stranieri non sono davvero senza difetti”. I “francesi”, alti allampanati, peccano d’instabilità sulla scacchiera e di uniformità nelle sagome; gli “inglesi”, ben fatti se pur leziosi, sono anch’essi discosti dalle nostre tradizioni, specialmente nella forma dell’Alfiere, per il quale la mitria del Vescovo non ha traccia fra noi. Nei nuovi pezzi modello Italia abbiamo ridato all’Alfiere il coronamento dell’elmo a becco di passero, ripudiando senz’altro la mitria del Bishop”.
Per il rilancio dell’attività agonistica da parte dell’Opera Nazionale Dopolavoro (che da un anno aveva assorbito l’Associazione Scacchistica Italiana, l’attuale federazione) e per la “nuova disciplina delle importazioni, che porta la necessità di emanciparsi dal prodotto straniero”, Salvetti si augura che “i nostri ottimi artigiani debbano agevolmente riuscire a produrre a prezzo conveniente dei nuovi pezzi, solidi, semplici e che, pur nella modernità della sagoma, si connettano alla forma tradizionale italiana”, e che l’ASI ne sancisca “l’adozione e l’uso regolamentare in tutte le manifestazioni scacchistiche e per tutti i cultori del gioco”.
Anche se oggi questi pezzi possono sembrare pregevoli e di qualità, al tempo della loro realizzazione non mancarono le critiche. L’avv. Enrico Saint-John Mildmay, sulla rivista Mildmay del 1935 afferma che: “Pur plaudendo alla nobiltà degli intenti che si prefigge l’Autore, e riconoscendo che nel disegno dei pezzi vi è del buono e del bello, è proprio il caso di soggiungere che il bello non è nuovo e il nuovo non è bello”. Mildmay riconobbe esteticamente validi i modelli di Re, Regina, Torre e Pedoni, ma non accettò l’effigie del Cavallo, la cui testa è troppo minuta e sproporzionata al piedistallo, per cui male si distinguerà dagli altri sulla scacchiera. E la punta dell’elmo dell’Alfiere, aguzza e dura, secondo lui poteva essere una “minaccia” per i giocatori più distratti.
Attualmente è noto un solo esemplare dell’epoca di questi scacchi, appartenuti al maggior storico di scacchi italiano: Adriano Chicco. Dopo varie esposizioni museali, questi pezzi oggi fanno parte di una collezione privata. Se ne possono trovare delle varianti in avorio o ebano.
Gli scacchi gotici di Peter Ganine
Nel 1939 lo scultore Peter Ganine progetta un set di scacchi in ceramica rappresentante figure di facce in stile gotico. Progettò il set in bachelite per la vendita popolare, che fu impedita però a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. Nel 1947 il set fu messo finalmente in vendita, proponendo al pubblico due versioni: la Salon (con le teste piccole) e l’edizione da torneo (con le teste di maggiori dimensioni). Entrambe le edizioni erano disponibili in colori bianco e nero lucidi o in avorio.
Anche se i pezzi sono di pregevole fattura, è davvero difficile distinguere gli uni dagli altri. Essendo, infatti, tutti a forma di testa umana, si differenziano solo nei particolari.
Lo stesso autore realizzò un altro set chiamato “Conquerors”, i cui pezzi non raffigurano delle teste ma dei personaggi interi, ispirati ad un gotico quasi mistico.
Entrambi i set si trovano ancora oggi sul mercato.
La scacchiera traballante di Adin Mumma
La scacchiera traballante (Wobble Chess) è opera del designer Adin Mumma , che prende spunto dai giochi a dondolo degli anni Settanta. La particolare base concava permette ai pezzi di oscillare liberamente sulla scacchiera. E’ realizzato in legno di ciliegio e acero, coi bordi inferiori dei pezzi in metallo. Nel 2008 queste particolare set ha vinto l’International Design Award della rivista How Magazine.
Scacchiere elettroniche
Negli anni 2000 si sono diffuse in ambito professionale scacchiere digitali munite di sensori in grado di riconoscere l’esecuzione delle mosse, in grado di trasmetterle ai computer o di azionare automaticamente il timer. Spesso vengono impiegate nei tornei per la trasmissione delle partite su schermi in loco o online via internet. La scacchiera elettronica DGT è uno dei modelli ufficiali adottati dalla FIDE. Ad oggi, questo è uno strumento diffuso anche tra i giocatori cosiddetti amatoriali e collegandole ad internet attraverso gli appositi cavi, si possono giocare partite in rete, da casa, con una vera scacchiera davanti. Le scacchiere DGT sono vendute in vari modelli, con diversi set a disposizione e completamente realizzate in legno.
Esistono anche scacchiere elettroniche tascabili, molto simili a dei palmari e la partita si svolge interamente sullo schermo.
Altri set
Col passare degli anni, gli scacchi diventano sempre più oggetti di arredo o elementi di design. Il loro aspetto viene rinnovato dalle correnti artistiche che si susseguono, o semplicemente da fortunate ispirazioni di designer o progettisti. Da questo momento quindi è difficile continuare una classificazione cronologica, anche perché alcuni set subiscono l’influsso di altre arti, come la letteratura, il cinema e comunque la cultura popolare. Set che riproducono le vicende di un libro, di un racconto, di un evento storico. Dalle battaglie napoleoniche a quelle fantastiche della fantasia di Tolkien, dai mattoncini LEGO ai pixel di Super Mario Bros.
Di seguito sono riportati alcuni set particolari che vanno proprio in questo senso.
Alice nel Paese delle Meraviglie
Questi pezzi cominciarono ad apparire agli inizi del Novecento e divennero subito molto popolare. Il set era basato sulle illustrazioni di Sir John Tenniel, realizzate per il romanzo “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll, pubblicato nel 1865.
L’eccentrico Carroll era anche un noto matematico e anche un buon scacchista. Dopo che “Alice” divenne il più popolare romanzo per l’infanzia del Regno Unito, egli scrisse altre avventure della sua eroina nel romanzo “Attraverso lo specchio”, con il quale spiegò il gioco degli scacchi a sua figlia (Alice, ispiratrice del romanzo): in esso il personaggio di Alice, simpatica bimba avventurosa, attraversa lo specchio, si trasforma in Pedone ed avanza sino all’ultima traversa dove è promossa Regina.
Peccato che Disney, nella trasposizione in film i due romanzi, abbia eliminato ogni riferimento agli scacchi, che sono invece parte essenziale della trama, in particolare il secondo, vero e proprio omaggio agli scacchi.
Tuttavia le trasposizioni “scacchistiche” del romanzo hanno avuto un discreto successo e ancora oggi se ne possono trovare in tante varianti.
Re Artù
Quando si parla di Re, Regine, Cavalli e Torri è difficile non associare la leggenda di Re Artù. In questo caso la produzione scacchistica è stata più che generosa, anche perché è facile associare il Re con Artù, la Regina con Ginevra, l’Alfiere con Merlino e le Torri con Camelot. Realizzati con i materiali più diversi e dalle decorazioni più variegate, i pezzi che rappresentano la corte di Camelot conservano ancora un certo fascino tra i collezionisti e i giocatori occasionali.
Uno dei set più famosi è quello realizzato dalla ANRI, azienda italiana di manufatti in legno, prodotto negli anni Sessanta. Era realizzato in legno d’acero e raffigurava statuine ispirate a quelle delle cattedrali gotiche. Questo set è importante poiché il suo design è il più imitato, e si possono trovare oggi altre varianti in legno, plastica, resina e metallo. Alcuni di questi set sono riprodotti proprio su licenza dalla ANRI.
Il Signore degli Anelli
Esistono diverse tipologie di set di scacchi ispirati all’omonimo romanzo di J.R.R. Tolkien e dai film di Peter Jackson. In realtà questi scacchi seguirono l’enorme successo della trilogia cinematografica, tanto che alcuni pezzi raffigurano le esatte fattezze degli attori del film. La fortuna di questo tipo di set, così come per gli scacchi di Re Artù, è che ogni personaggio della storia ha una sua controparte naturale negli scacchi. Troviamo quindi Re Aragorn, l’Alfiere Gandalf, i Pedoni Hobbit, eccetera. Le due fazioni della Terra di Mezzo scacchistica sono, come nel romanzo, i Popoli Liberi contro l’Oscuro Signore Sauron.
LEGO Castle Chess Set
Nel 2008, all’interno della nuova serie Castle, LEGO realizza il Castle Chess Set. Non è la prima volta che LEGO realizza un set di scacchi, aveva già prodotto in passato dei set con Vichingi, Pirati e Transformers,. Il Castle Chess Set è però il più grande set di scacchi che sia mai stato realizzato da LEGO, con ben 2475 pezzi, oltre alle classiche 32 pedine. Le cosiddette “minifigures”, le miniature che raffigurano gli omini LEGO, variano da umani, a nani, troll, orchi e scheletri. Considerando la grande mole di pezzi e la loro l’intercambiabilità, questo set di scacchi ha la peculiarità di offrire al giocatore un ambiente di gioco sempre nuovo e originale. Ideato per un pubblico prevalentemente di bambini, è diventato immediatamente un set cult per collezionisti (di LEGO e di scacchi).
Super Mario Bros
Questo set ripropone sulla scacchiera i personaggi della celebre saga di videogames Mario, della società Nintendo. I pezzi sono realizzati in plastica PVC e sono davvero di alta qualità, curati nei minimi dettagli. Nelle due schiere di pezzi troviamo da un lato la squadra dei “buoni”, con Mario, Luigi, Yoshi, eccetera, e l’altra composta dai cattivi, con personaggi come Bowser, le tartarughe e i vari mostri che troviamo nella serie di videogame. Il set è venduto in una confezione di metallo e include anche una scacchiera di cartone.
I Simpson
I Simpson sono uno dei baluardi della cultura popolare contemporanea. Non poteva quindi mancare un set di scacchi i cui pezzi riproducessero le fattezze dei personaggi animati della serie TV. Abbiamo quindi Homer negli improbabili panni del Re, Marge come Regina e via via tutti gli altri. A differenza degli altri set a tema, qui le due squadre hanno gli stessi pezzi, e si differenziano quindi solo nei colori.
Gli scacchi di Giuseppe Mazzini
Questa foto ritrae degli scacchi appartenuti a Giuseppe Mazzini, ora conservati nel Museo del Risorgimento, all’interno del Monumento a Vittorio Emanuele II, a Roma. Come si può notare dal corpo composto di dischi circolari, questi pezzi sono una variante del set di San Giorgio, disegnato da John Calvert. Essendo molto popolari in Inghilterra fino alla metà dell’Ottocento, è probabile che Mazzini si sia procurato questi pezzi proprio durante il suo soggiorno in esilio a Londra.
Riferimenti
Bibliografia
Shenk David (2008), Il gioco immortale. Storia degli scacchi, Mondadori, Collana Oscar Storia.
Gareth John Williams (2000), Master Pieces: The Architecture of Chess, Studio.
Schafroth Colleen (2002), The Art of Chess, Harry N. Abrams.
Staunton Howard (1852), The Chess Tournament. Hardinge Simpole.
Byrne Robert “Chess”, The New York Times (14 Gennaio 1997).
Fersht Alan, Jaques Staunton Chess Sets 1849-1939 (2007), Kaissa Publications.
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